Franco Angeli: fra pittura e poesia
Quella di Angeli è una pittura influenzata all’inizio del suo percorso – alla fine degli anni ’50 – dall’espressività materico-gestuale dell’Informale, ma ben presto tendente al monocromo, al silenzio apparente della tela trasformata in schermo quasi neutro, appena animato da segni leggeri, da lievi vibrazioni luminose, o da forme leggibili in trasparenza: un intrigante velamento del soggetto, dopo l’esuberanza dell’Informale.
La velatura dei dipinti diventerà per Angeli – nella prima metà degli anni ’60 – un nodo stilistico e tematico centrale. La sua tecnica del velare le opere con garze e tessuti translucidi è agli antipodi del velo come “impacchettamento” dell’oggetto nell’eccedenza visiva del cellophane, tipico della cultura di massa contemporanea, che è al centro della poetica della Pop Art. Angeli affronterà poi la necessità del dare forma all’informe, cercando di riportare la pittura alle proprie apparenze figurali, seguendo la via di quella “metafisica dentro la fisica” indicata da De Chirico e Savinio, che si farà sempre più evidente nel suo lavoro degli anni Settanta e Ottanta.
L’oggetto o il frammento della vita urbana, tra storia e attualità, si riaffacceranno sulla scena della pittura, resi con una plasticità di gusto tutto europeo e italiano, singolarmente vicino proprio al gusto che fu della Metafisica. Dal ’72 faranno la loro comparsa, nell’universo figurale di Angeli, le immagini di aeroplani, obelischi, piramidi, figure geometriche, piccoli paesaggi, che a partire dal ‘75 risulteranno sempre più immersi in uno spazio metafisico, la cui natura andrà ulteriormente chiarendosi e approfondendosi negli anni Ottanta, insieme allo studio e all’influenza dei “valori plastici” di Sironi, Scipione, Mafai. La propria esperienza artistica, Angeli la intende come azione nel presente, ma radicata in un saldo territorio memoriale. Basti pensare alle parole dello stesso artista: “i miei primi quadri sono la testimonianza del contatto quotidiano con la strada.
Vidi i Ruderi, le Lapidi, simboli antichi e moderni come l’Aquila, la Svastica, la Falce e Martello, obelischi, statue, Lupe Romane sprigionare l’energia sufficiente per affrontare l’avventura pittorica”. Svastiche, falci e martelli, lupe capitoline e bandiere, l’aquila del Quarter Dollar e dell’Half Dollar, croci, stemmi, iscrizioni lapidarie, epigrafi romane, segni tratti dai graffiti sui muri, collegano Angeli al contesto dell’iconosfera urbana (questo il titolo della sezione della Biennale di Venezia del 1978 alla quale partecipò) : l’artista li interpreta come icone di araldica intensità ed essenzialità, di forte impatto visivo, giocate su poche tinte e poche forme, nette e contrastate, Franco Angeli è uno di quegli artisti che si sforzano di dare una dimensione pubblica, civile, politica, al loro messaggio artistico; che tentano di infrangere la barriera elitaria del linguaggio poetico; che non hanno paura di contaminazioni ma cercano anzi, in nome di una coscienza collettiva di cui si sentono parte, una assunzione di responsabilità ideologica, senza rinunciare alla loro funzione di liberi ricercatori. Angeli ha sempre espresso “una volontà di trasformazione e di lotta”, che ha caricato la sua pittura di intensa polemica politica e di critica sociale, soprattutto tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70.
Nella “Pop Art” di Angeli, alla consapevolezza degli stereotipi visivi legati alla civiltà dei consumi si sovrappone il senso di una tradizione millenaria, piena di chiaroscuri, che ha il suo fulcro nella città di Roma. L’assoluta originalità del Pop di Angeli sta in una “maniera” tutta italiana, fondata su complesse stratificazioni culturali: un modo di forgiare immagini in cui all’araldica secchezza definitoria delle icone si unisce una profonda attrazione per la materia pittorica, elaborata e preziosa.
Un repertorio d’immagini, quello di Angeli, dove anche gli elementi logorati dall’uso e dalla ripetizione sono rinnovati dall’intensità della totale autografia/autobiografia, che recupera tutta l’espressività istintiva e caratteriale della linea come scrittura autografa, unendola alla sontuosità della materia-colore. Viva testimonianza, questa, di come ogni dolore e ogni difficoltà Angeli sapesse riscattarli “nella febbre del dipingere”, come scriveva Cesare Vivaldi.
Anche la poesia è dunque presente nel lavoro di Angeli, profondamente attratto dalla scrittura e della parola poetica, e amico di poeti di grande valore, quali Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Sandro Penna, e lo stesso Cesare Vivaldi, i cui testi accompagnavano spesso le opere di Angeli nei cataloghi delle sue mostre.
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